perché non parli?

“Perché non parli?” È dicendo questo che, secondo una leggenda, Michelangelo colpì violentemente il ginocchio del Mosè con un martello. Un gesto di rabbia che nasceva dall'esasperazione verso una statua così perfetta ma muta.


















È questo il sentimento con il quale, da un po’ di giorni, mi accingo ad aprire questo blog. Lo trovo sempre più triste e spento. Quasi uno specchio dello stato d’animo… no, non dei lavoratori precari del comune di Falconara, sono ben poca cosa quelli, ma dei lavoratori in generale, dei lavoratori precari in particolare e del sistema complessivo che rende possibile questo sfacelo.
Il caso ultraspecifico ha assunto oramai proporzioni tragicomiche: stipendi arretrati di mesi, società che dovrebbero chiudere e riaprire (per poi richiudere?), amministratori (politici e tecnici) che si risentono per una blanda astensione dal lavoro di poche ore, sindacati che non sanno più da che parte girarsi per non incrociare sguardi dubbiosi, bandi di concorso per concorrere a un non posto di lavoro, partiti di sinistra che parlano e agiscono come quelli di destra, partiti di destra che perorano cause sinistre… E poi tutti i luoghi comuni a raccolta: “…e tu sei raccomandato”, “…e tu predichi bene e razzoli male”, “…e tu non sai chi sono io”, “…e tu sarebbe meglio se”, “…e tu sarebbe meglio che”, “…e qui un giorno era tutta campagna!”. Quindi screzi personalistici, vendette trasversali, parallele e oblique, tutto l’armamentario della vecchia politica di paese, dove tutti si conoscono, dove ognuno deve qualcosa a qualcun altro.
La politica. “Perché non parli?”
La politica perde continuamente ogni possibilità di riabilitarsi dal sentimento popolare(sco). Ci vorrebbe la Politica. Non quella demagogica che lascia parlare tutti affinché la confusione consenta ai pochi di decidere, ma quella orientata al bene collettivo, quella degli “illuminati” che possedevano una formazione culturale, sociale, storica, economica… politica. Possiamo constatare con mano quello che è l’effetto di una politica del “breviperiodismo”, mutuata dagli insegnamenti socialmente irresponsabili dei migliori manager delle peggiori multinazionali. Nessun progetto, nessun investimento, nessuna attenzione alle risorse umane, ma soltanto aggiustamenti di bilancio.
Cosa volevo dire? Niente.
Me ne torno a leggere un libro.